Rivolta del sette e mezzo

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Sollevazione popolare avvenuta a Palermo dal 16 al 22 settembre 1866. Chiamata del sette e mezzo perché durò sette giorni e mezzo. Fu organizzata da ex garibaldini delusi, reduci dell'esercito borbonico e agitatori repubblicani, che insieme formarono una giunta comunale. Tra le cause della rivolta vi era la crescente miseria della popolazione che si dibatteva stremata tra il colera e i continui balzelli introdotti dal nuovo stato italiano.

Fu stimato un totale di circa 35.000 insorti armati. Per sedare la sollevazione, Palermo fu stretta d'assedio e riconquistata da circa 40.000 soldati che combatterono casa per casa; oltre mille rivoltosi furono passati per le armi. La città bombardata dal mare dalle navi italiane e inglesi fu in gran parte distrutta.

Nel discorso commemorativo tenuto da Domenico Farini in Senato il 6 aprile 1897, il ruolo del generale Raffaele Cadorna nel sedare la rivolta fu così ricordato: «A mezzo settembre sollevatasi la marmaglia di Palermo egli ebbe il supremo comando delle truppe che in breve ora la vinsero e la domarono. Già erano nella città penetrate, quando egli giunse ed usò la piena potestà avuta per restaurare l'ordine. Vi aveva nel 1861, come luogotenente generale comandante militare di tutta l'isola, risieduto, e bene conosceva le fazioni e le cupide brame onde traevano lena. I forsennati che avutala per poco in balia, della città fecero scempio, ed a tutta quanta avrebbero dato il guasto se due valorosi, il sindaco ed il prefetto, non avessero tenuto fermo, punì; ristabilì la civile convivenza oltraggiata e rotta. Né oltrepassò il segno: anzi lasciò documento degli intenti che ispirare, dei nobili sentimenti che temperare devono i rigori soldateschi nelle civili sedizioni». Ai posteri ardua sentenza sul suo operato.