8 - 23 maggio 1859. Le imposizioni di guerra al Comune di Intra

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Sul finire del mese di aprile del 1859 i paesi della sponda piemontese del lago Maggiore furono costretti a subire numerose vessazioni da parte degli Austriaci che a bordo dei loro tre piroscafi armati (Radetzky, Benedek, e successivamente il Taxis) detenevano saldamente il pieno controllo del lago Maggiore. I militi della imperiale marina, con attacchi rapidi e mirati, resero difficoltose le comunicazioni tra i vari paesi della costa occidentale: tagliarono e asportarono i fili del telegrafo a Belgirate, Ghiffa, Oggebbio e Cannero, atterrarono i pali ad Arona e Baveno. Resero quasi nullo il commercio via lago: requisirono numerose barche che affondarono sul posto o trasferirono sul Ticino.
Fidando della loro incontrastata forza militare, gli Austriaci imposero numerose e pesanti contribuzioni alla popolazione dei paesi rivieraschi, soprattutto a Intra, centro commerciale e manifatturiero di prim'ordine, posto proprio di fronte a Laveno, base navale imperiale.
A maggio - la data non è chiara, potrebbe essere il giorno 8 - gli Austriaci ordinarono alla comunità di Intra di versare 2000 franchi entro quarantotto ore. Alla scadenza dell'ultimatum due Intresi, Cesare Varini e Vittore Tonazzi, si recarono a Laveno a versare quanto ordinato, non trovando il capitano del forte, tornarono il mattino seguente e consegnarono la somma.
Due giorni dopo il Taxis si portò davanti al borgo. Otto armati con un ufficiale scesero a terra e si recarono in municipio per imporre una nuova contribuzione: 500 metri di corda, 300 assoni di abete, 60 travi di 12 metri. Il tutto da consegnare entro cinque giorni.
Allo scadere dell'ultimatum nulla era pronto. Gli Austriaci a bordo del loro piroscafo si presentarono davanti al borgo per ritirare il bottino, il solito Varini, ormai ambasciatore ufficiale della comunità, comunicò loro che la corda dalla spropositata misura e il legname non erano stati trovati. Quando ormai sembrava che tutto si stesse risolvendo per il meglio, «un cittadino M.G. sputa detto fatto potersi trovare travi a piacimento», li condusse a Fondotoce dove indisturbati fecero razzia di legname.
Il pomeriggio seguente di nuovo il
Taxis si avvicinò alla riva di Intra, questa volta a reclamare la liberazione di alcune spie tenute prigioniere nel pretorio o in alternativa la consegna come ostaggio del sindaco, Pietro Bozza.
La misura era colma. Vittore M
üller e Cesare Varini comunicarono ufficialmente al capitano austriaco che gli Intresi non avrebbero più sottostato ai loro voleri ed erano pronti a combattere. Le campane suonarono a stormo, i tamburi della Guardia Nazionale iniziarono a rullare. Il battello preferì prudentemente prendere il largo e dirigersi verso Pallanza.

Intra barricateLo scontro non avvenne mai, né quel giorno, né i giorni seguenti. Un Comitato sorto ad hoc organizzò la difesa di Intra.  Sulla riva del borgo sorsero delle barricate formate da borretti (legname grezzo), balle di cotone e sacchi di truciolato. La Guardia Nazionale, ingrossata nel numero da uomini accorsi da Oggebbio, Ghiffa, San Maurizio e Arizzano, venne schierata lungo la costa, dalla Villa Poss fino alla punta della Castagnola.
Ma per poter constrastare la superiorità militare degli Austruiaci bisognava disporre di armi pesanti. Furono così ordinati alla vicina Fonderia Güller e Greuter di Selasca due cannoni: il primo fu consegnato il 2 giugno, il secondo il 5 giugno.