30 - 31 maggio 1859. L'attacco ai forti di Laveno

Stampa


Il 23 maggio 1859 Garibaldi e i suoi Cacciatori delle Alpi attraversarono il Ticino tra Castelletto e Sesto Calende. In quello stesso giorno il popolo di Varese insorse contro gli Austriaci che furono costretti ad abbandonare la città per poi ritornare in forze tre giorni dopo. I soldati imperiali guidati dal feldmaresciallo Karl von Urban vennero sconfitti in due distinti scontri: sulla collina di Giubiano dai garibaldini guidati dal colonnello Cosenz, e a Biumo Inferiore da quelli comandati dal colonnello Medici. Dopo aver trascorso la notte a Varese, i Cacciatori delle Alpi si rimisero in marcia e nel primo pomeriggio  giunsero a San Fermo dove nuovamente si scontrarono vittoriosamente con gli Austriaci. La sera del 27 maggio Garibaldi entrava a Como.
Giunto a Como Garibaldi si rese conto che gli approvvigionamenti di armi e munizioni con il Piemonte erano sempre più difficili poiché il lago Maggiore era ancora saldamente controllato dagli Austriaci. Nei giorni precedenti un carico di 368 armi portatili era stato sequestrato dal vapore Taxis durante l'attraversata. Il generale decise allora di tentare un colpo di mano sui forti di Laveno, base operativa della flottiglia imperiale.
Attacco Forti LavenoIl mattino del 29 maggio Garibaldi, alla testa di parte delle sue truppe, si diresse alla volta di Varese senza però specificare chiaramente ai suoi uomini le sue intenzioni. Con ogni probabilità aveva concertato la mossa con emissari di Cavour allo scopo anche di attirare verso il Verbano le truppe del feldmaresciallo Urban così da lasciare strada libera al grosso dell'esercito franco-piemontese che si accingeva a passare il Ticino. Cosa che infatti avvenne.
Giunto a Varese Garibaldi cercò di mettere insieme una squadra di artiglieri; trovò due obici e due cannoncini, ma in mancanza di muli, armi e munizioni furono trasportate a spalle. Il 30 maggio la brigata continuò per Masnago e Gavirate su S. Andrea, dove sostò. Raccolte informazioni sulla consistenza delle guarnigioni a difesa di Laveno, Garibaldi decise di tentare nella notte la presa del forte detto Castello e di affidare l'operazione al solo 1° reggimento, dotato di quattro obici da montagna, mentre gli altri due reggimenti avrebbero assicurato le vie verso Varese, attraverso Cuvio e Valganna. Il 1° reggimento si posizionò a Cittiglio, il 2° a Brenta, il 3° a Gemonio ed Azzio.

Poco prima del tramonto Garibaldi guidato da quattro paesani e accompagnato dal tenente colonnello Cosenz e dai capitani Landini e Bronzetti, si recò sulle alture a nord di Mombello per studiare il terreno. Ma a causa della fitta pioggia poco poté vedere. Nonostante ciò il piano d'attacco fu così congegnato: a mezzanotte il tenente colonnello Cosenz alla testa del 1° reggimento avrebbe iniziato la marcia di avvicinamento al forte; giunto a un centinaio di metri tre compagnie guidate dal maggiore Marocchetti avrebbero imboccato il sentiero che partendo da dietro il paese conduceva fino al forte. Una squadra, partita poco prima, avrebbe reso sicuro il cammino neutralizzando la guardia nemica appostata presso la chiesa di S. Maria in Ca' Deserta. Una delle tre compagnie, quella del capitano Spegazzini, si sarebbe qui fermata in riserva insieme al maggiore Marocchetti, mentre le altre due avrebbero salito il colle: quella del capitano Landi dal lato meridionale, quella del capitano Bronzetti dal lato settentrionale. Raggiunta la cima avrebbero fatto irruzione nel forte attraverso le cannoniere. Una piccola colonna, con due obici da montagna, da Monteggia avrebbe aperto il fuoco sul lato nord-orientale del forte.
In quello stesso 30 maggio il maggiore Bixio, marinaio provetto, si recarono a Pallanza con lo scopo di riunire gente armata, mettere insieme una flottiglia e tentare di prendere di sorpresa, quella stessa notte, i vapori imperiali nella rada di Laveno.
Forti Laveno1L'attaccò fallì. Niente andò per il verso giusto. Le sentinelle del posto di guardia di S. Maria dettero l'allarme dell'attacco in corso. Tuttavia il capitano Landi con la sua compagnia riuscì lo stesso ad arrivare fino all'ingresso del forte dove lo scontro si fece cruento. I cannoni austriaci sparavano alla cieca; i garibaldini rispondevano colpo su colpo pur essendo allo scoperto, ma quando il capitano Landi e i sottotenenti Gastaldi e Sparvieri rimasero feriti, furono costretti a ritirarsi. Il capitano Bronzetti e la sua compagnia, mal condotti da una guida inesperta o infedele, errarono senza meta per gran parte della notte. Anche la squadra coi due obici si perse sul Sasso del Ferro e dovette ritornare a Cittiglio. Durante la ritirata delle compagnie del maggiore Marocchetti anche il capitano Spegazzini rimase ferito.
Intanto sul lago la raccogliticcia flotta di Bixio non appena i cannoni iniziarono a sparare subito si disperse.
Verso l'alba Garibaldi radunò le sue truppe a Cittiglio sotto il fuoco dei cannoni del forte e dei vapori. I suoi artiglieri, comandati dal capitano Corte, posizionarono i due obici da montagna presso Ca' Bianca e risposero al fuoco. Lo stesso generale si recò sul poggio sovrastante la Ca' Bianca, ma constatato che era inutile ogni ulteriore azione, ordinò la ritirata.
L'impresa costò ai Cacciatori delle Alpi 18 feriti, alcuni dei quali, compreso il sottotenente Gastaldi, furono fatti prigionieri. Gli Austriaci ebbero 2 morti e 5 feriti.

 

Per approfondire
Comando del Corpo di Stato Maggiore, La guerra del 1859 per l'Indipendenza d'Italia, Stab. Tip. della Società Editrice Laziale, Roma 1910, vol. I, pp. 292-294.
Renzo Boccardi, Il 1859 sul Lago Maggiore, in «Verbania» 7/1909, pp. 6-17.
Nazareno Ferrari, Laveno Mombello nel Risorgimento, 1815-1870. Laveno Mombello 1959.