1848. Lo Statuto Albertino

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Lo Statuto AlbertinoSpaventato dai moti rivoluzionari che scoppiarono a Palermo, Ferdinando II di Borbone, primo tra i sovrani italiani, il 29 gennaio 1848 concesse la Costituzione. Questa iniziativa, che andava incontro alle richieste di larga parte dell'opinione pubblica (o almeno della parte più rappresentativa), costrinse di fatto altri sovrani della penisola a seguirne l'esempio: Leopoldo II di Toscana la concesse il 17 febbraio, Carlo Alberto di Savoia il 4 marzo e infine Pio IX il 14 marzo.

Nel Regno di Sardegna, la nuova carta costituzionale prese il nome di Statuto Albertino e fu anticipata l'8 febbraio dalla pubblicazione di 14 principi base. Essendo una concessione del re che autolimitava le proprie prerogative, lo statuto non mise in questione il fondamento del potere, che restò in mano al sovrano. Furono infatti salvaguardati i diritti del re che continuò a detenere il potere esecutivo; quello legislativo era invece esercitato dal re e da due camere, una di nomina regia (senato), l'altra eletta sulla base di un censo elevato. I giudici erano nominati dal re, ma dopo tre anni di servizio diventavano inamovibili. Furono garantiti i diritti fondamentali dei cittadini: l'uguaglianza dinanzi alla legge, la libertà individuale, la libertà di domicilio, di stampa, di riunione e di culto. I diritti che venivano ufficialmente sanciti erano però subordinati alle leggi, e il potere di fare le leggi era in mano a pochi. Il corpo elettorale piemontese era infatti di soli 80.000 votanti su una popolazione di quasi 5 milioni di abitanti. Lo Statuto fu emanato il 4 marzo 1848; nel 1861 venne adottato dal Regno d'Italia fino al 1948.