La Guardia Nazionale

Durante la Rivoluzione francese venne creato un corpo armato formato da semplici cittadini allo scopo di mantenere l’ordine pubblico e la difesa della libertà. Attraverso le conquiste napoleoniche questa istituzione, chiamata Guardia o Milizia Nazionale, si diffuse anche in Italia dove assomigliò sempre più a una specie di esercito del popolo. Di conseguenza con la Restaurazione la Guardia fu abolita e i cittadini disarmati, ma nel biennio 1846-48 venne introdotta nuovamente in molti stati italiani, tra questi anche nel Regno di Sardegna. Re Carlo Alberto la preannunciò nei principi costituzionali pubblicati l’8 febbraio 1848, istituendola poi con il Regio Editto 4 marzo al fine di difendere la Monarchia e i diritti che lo Statuto ha consacrati, per mantenere l’obbedienza alle leggi; conservare o ristabilire l’ordine e la tranquillità pubblica, secondare all’uopo l’esercito nella difesa delle nostre frontiere e coste marittime.

Questo editto obbligò ogni comune a formare una o più compagnie di militi in proporzione del numero di abitanti. Ogni compagnia doveva essere formata da un minimo di sessanta a un massimo di centocinquanta uomini, di età compresa tra i 21 e 55 anni, in regola con il pagamento di un censo. Erano esentati dall’arruolamento gli ecclesiastici, i soldati, i preposti alle dogane, le guardie campestri e forestali, le persone condannate alla interdizione dai pubblici impieghi. Nelle città e nei borghi più popolosi, come ad esempio a Intra, l’inquadramento dei militi nei rispettivi reparti avveniva per quartiere. Quattro o sei compagnie formavano un battaglione che poteva essere intercomunale, cioè riunire milizie di più comuni posti però all’interno di uno stesso mandamento.

Nei mandamenti e nelle città in cui la milizia poteva contare su almeno due battaglioni forti di cinquecento uomini ciascuno, si poteva chiedere al re di riunirli e formare una legione.