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Il Lago Maggiore. Giornale politico, industriale, commerciale ed umoristico, 7 giugno 1862

«Garibaldi in Intra. Non fia possibile ritrarre in carta una descrizione dell'accoglienza grande, simpatica, onorevole che la città d'Intra offerse all'eroe di Marsala nel suo arrivo del 5 corrente. Noi non compiremo che l'obbligo di cronisti nel rilevarne i punti i più culminanti.
Appena si sparse voce che Garibaldi sarebbe il 5 corrente approdato ad Intra fu un generale entusiasmo per avvisare gli amici ed i parenti: fu un brio in casa, un faccendarsi di occupazioni. La tettoia è ghirlandata di bandiere nazionali, il cannone e appostato, i cannoncini sono sul molo, da ogni poggio svolazzano banderuole; musiche, società, cittadini studiano ogni mezzo per dare onore all'uomo Grande. Una Commissione del tiro nazionale, della Società Operaia, rallegrati dalla musica in gran divisa partono alla volta di Belgirate per far corona all'illustre; e sulla piazza si condensano i militi della Guardia nazionale, i bersaglieri, la musica dilettante, e la numerosa Società Operaia. La folla è densissima; invano tenti di farti largo per appressarti alla riva, da tutti i punti del lago guizzano fuori barche, dalle vie di Pallanza e d'Oggebbio brulicano le persone, mentre i paesi della montagna si felicitano di vedere presto l'uomo del popolo, il redivivo Redentore.
Alle 5 pomeridiane avvisato da diversi spari e da melodiose note, sbarcava Garibaldi sulla ripa del nuovo scalo, e passando frammezzo a numerosa schiera di militi, di Società, era salutato con evviva le più strepitose. Quale fosse l'impazienza di correre per vederlo una seconda volta è oggetto difficile a crederlo più che ad esprimerlo.
Garibaldi passava a piedi in mezzo a lunghe ale di un popolo applaudente, ed accompagnato dal Municipio e da diverse deputazioni, recavasi nell'aula Municipale, e tutta la popolazione stava nella sottoposta piazza di vederlo anzioso comparire ed osservarne con agio la simpatica fisionomia. Comparve infatti sul balcone del palazzo civico. Uomo di più caro affetto e di simpatia mai si vide. Condensato il popolo, e ristabilito il massimo silenzio, l'Eroe della libertà italiana con voce sonora parlò presso a poco queste marziali e savie parole: parole che formano un'epoca per la città d'Intra:

Salute, popolo, salute! Accetto queste simpatiche dimostrazioni che voi fate alla mia persona non come individuo, ma quale rappresentante la libertà italiana. Il Piemonte fu paladio delle libertà; ed esso per il primo sciolse il nodo dell'Indipendenza. Se io dovessi parlare ad altro popolo dovrei animarlo al maneggio delle armi ai sentimenti nazionali, ma con voi, avvezzi al patrio Statuto e amanti di libertà, ogni parola sarebbe vana.
Siate amanti del lavoro: il lavoro nobilita l'uomo il cittadino, lo indurisce, lo rende atto a maneggiare le armi alla difesa dei nostri diritti ed a liberarci dagli inimici. - Aiutate, o ricchi, i figli del lavoro, fra il quale mi glorio d'essere anch'io.
Io vi raccomando la concordia, la pace fra individuo ad individuo, fra famiglia a famiglia, fra casta a casta. Ciascuno deve procurare di fare cessione di qualche sua esigenza per rendere questa parola attuabile, positiva, la concordia.
Io non voglio richiamare la storia antica e moderna; ma ognun deve sapere che il nostro nemico fu sempre vincitore, quando trovò l'Italia scissa di fazioni: e l'Italia fu appunto serva e mancipio, perché corrosa di questo tarlo infausto. Siate indivisibili, e saremo forti, liberi, ed uniti, e questo ve lo dico io.

A compimento di sì lieta accoglienza all'eroe delle mille battaglie venivano diffusi due opportuni parti poetici di due esimii professori del collegio di Pallanza che incontrarono il gradimento del popolo anche collo per il brio e la spontaneità con cui eran dettati.
A coronare si lieta giornata Garibaldi verso alle 9 entrava nel teatro sociale ove una calca di cittadini lo aspettava ansiosamente, e il suo apparire al palco era un eccheggiamento che scaturiva da ogni labbro. La musica eseguiva una sinfonia – La presa di Palermo – e gli attori vestiti all'Italiana cantavano un inno di libertà, e cui teneva dietro un bellissimo gruppo rappresentante Vittorio con Italia una e indivisibile. La commedia fu egregiamente portata dai signori virtuosi, e il tema d'essa allegorico sui diritti dell'Italia contro le pretese di Roma ed Austria meritò a diverse riprese il generale battimano. Chiudeva il divertimento l'inno di Garibaldi; e in tal modo finiva una giornata che è tuttora simpatica il ricordare, e che vivrà nella memoria d'ogni buon Intrese».

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