Documenti. Dal diario di Garibaldi

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Memorie Garibaldi«Capitolo III. A Como, Sesto Calende, Castelletto. [...] Ci dirigemmo per Varese e di là a Sesto Calende, ove passammo il Ticino, avendo già sulle nostre traccie un corpo di Austriaci.
A Castelletto, sulla sponda destra del Ticino, io divisai di fermarmi, e consultai le autorità di quel piccolo ma eccellente paese, se concorrerebbero alla difesa in caso vi fossimo attaccati dal nemico.
Assentirono volonterosamente tutti, autorità civili e popolo, e si principiò un lavoro di opportune fortificazioni che non avrebbero mancato di attuare valida resistenza, essendo il sito assai difendibile. Il morale della gente erasi pure rinfrancato. Il capitano Ramorino, mandato sulla sponda opposta del fiume, ove eran comparsi i nemici, aveva fugato un loro posto avanzato, feriti alcuni e portati come trofeo nel campo nostro alcune lancie ed attrezzi di cavalleria.
Passammo alcuni giorni in Castelletto; il nemico mi significò la sospensione d'armi, ch'io feci osservare, ma non convenni nella scambievolezza propostami di visite reciproche dall'uno all'altro campo.
Giunse l'armistizio Salasco e tutti fummo sdegnati delle degradanti condizioni. Si suggellava il servaggio della povera Lombardia, e noi ch'eravamo venuti per difenderla, acclamati campioni di quel popolo infelice, nemmeno sguainammo la nostra sciabola per essa! Vi era da morir di vergogna!

Capitolo IV. Ritorno in Lombardia. Un problema di reprobazione all'infame patto era emesso immediatamente, e non ad altro si pensò più che a ripassare sulla terra lombarda, per combattere i suoi oppressori, comunque fosse. Da Lugano, alla notizia dell'armistizio, ci giunse Daverio inviato da Mazzini con promesse di assisterci di uomini e di mezzi per ritentar la prova, e fu formaggio sui maccheroni.
Eranvi sul Lago Maggiore due vapori, impiegati per commercio e passeggieri tra l'Italia e la Svizzera, e la prima idea fu naturalmente d'impossessarci di quei vapori per agevolarci il traslato. Ad Arona approdavano periodicamente, ed era il punto più prossimo a noi; in una notte di marcia fummo ad Arona, e padroni d'uno di quei piroscafi, l'altro giunse nella giornata ed ebbe stessa sorte. Un numero proporzionato di barche ricevette cavalli, materiali e parte della fanteria; i due piccoli cannoni furono collocati a bordo dei vapori.
Diede la municipalità d'Arona fondi e viveri richiesti, e prendemmo la direzione per Luino, trascinando coi piroscafi tutte le barche cariche.
Fu pure commovente spattacolo la marcia nostra lungo la costa occidentale del magnifico lago. Una gran parte di famiglie lombarde, emigrate dalle loro case, avevan scelto residenza su cotesta pittoresca sponda, una delle più belle del mondo. Consci del nostro proposito, ci salutavano dovunque con bandiere, fazzoletti, panni, ed evviva di giubilo.
Scorgevansi ovunque quelle bellissime nostre donne sporgenti dai balconi delle case, con quei volti graziosissimi, così animati come se avessero voluto volare per raggiungere i prodi che non disperavano di strappare all'oppressore i loro focolari. Noi rispondevamo agli evviva degli amati concittadini e si era orgogliosi certamente del loro plauso e della risoluzione nostra.
Traversammo il lago e giungemmo a Luino, ove sbarcammo in numero di ottocento uomini circa, con pochi cavalli e lasciando a bordo dei vapori, comandati da Tommaso Risso, i due cannoni.
Albergo BeccacciaAll'altro giorno, mentre eravamo in disposizione di muoversi dalla Beccaccia (albergo di Luino) per internarsi nel Varesotto seppi, che una colonna austriaca si avanzava verso di noi per la strada maggiore da mezzogiorno.
Essendo già la colonna nostra internata in un sentiero che conduce pure a Varese per scorciatoia, feci retrocedere immediatamente la coda della colonna ed ordinai ad una compagnia di retroguardia che riprendesse la suddetta posizione della Beccaccia co' circuiti per impedirne la possessione al nemico. Ma fu tardi! Giunti già in forze a quel punto gli Austriaci se ne impadronirono e facilmente respinsero i pochi nostri. Divisa in tre corpi era la piccola nostra colonna e ristretta nell'angusto sentiero, nell'impossibilità di spiegarsi e di avere altra ordinanza senonché quella di fianco per essere quel sentiero incassato tra alte rupi; ma ritornando verso la Beccaccia eravi più spazio e vi potevano schierare in colonna per sezioni il terzo e il secondo corpo. Io consideravo l'albergo qual chiave della posizione e quindi obbiettivo del campo di battaglia, di cui bisognava impadronirsi, o se no abbandonare il campo coll'apparenza d'una sconfitta.
La Beccaccia era una forte casa, con vari recinti ed attorniata da una quantità di siepi e pile di legna, tutto ciò in potere del nemico e che bisognava conquistare. Era d'uopo quindi caricar la posizione risolutamente, ed il terzo corpo assaltò per scaglioni, ma ad onta degli sforzi del maggiore Marrocchetti, che lo comandava, e dei suoi ufficciali, fu respinto.
Il secondo corpo de' bersaglieri pavesi, comandati dal maggiore Angelo Pegurini, ebbe ordine di caricare, e fra tanto il capitano Coccelli, arrampicatosi colla sua compagnia sopra un muro alla sinistra nostra, appariva sul fianco destro del nemico.
I Pavesi caricavano coll'intrepidezza di vecchi soldati: era il primo comattimento a cui assistevano, e ad onta che vari di loro cadessero, pervennero a baionettare gli Austriaci, i quali, stupiti da tanto valore e dall'apparizione di Coccelli sulla loro destra, volsero in completa fuga.
Con cinquanta cavalieri per perseguirli, pochi o nessuno si sarebbero salvati di quei nemici d'Italia. I pochi uomini a cavallo ch'io avevo, tra loro gli ufficiali Bueno e Giacomo Minuto, d'alto valore, erano occupati come esploratori o vedette.
Morirono alquanti Austriaci e trentasette rimasero prigionieri con un medico(1).
Il resultato di quella vittoria ci lasciò padroni del Varesotto che percorremmo in ogni senso senza ostacoli.

(1) Io devo qui una parola di lode all'egregia signora Laura Mantegazza: non eran terminate ancora le fucilate quando codesta generosa apparve in una barca, traversando il lago, e raccolse indistintamente tutti i feriti, che condusse e curò in casa sua. Sia essa benedetta da tutti!».

Giuseppe Garibaldi, Memorie autobiografiche, G. Barbéra Editore, Firenze 1907, pp. 197-200

Città di Verbania. Il Risorgimento su Lago Maggiore - Documenti. Dal diario di Garibaldi
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