Documenti. Dai giornali del tempo

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«Accoglienza di Garibaldi a Locarno. - Domenica 8 giugno alle 5 1/2 pomeridiane Garibaldi approdava a Locarno, previe le più simpatiche accoglienze negli scali di Brissago e d'Ascona, e il suo arrivo era marcato di alcuni fatti che saranno indelebili e sacri nella storia ticinese. La Banda cittadina salutava l'Illustre con l'inno di Garibaldi, 50 e più persone, rappresentanti di diverse società e municipii erano felici di salutare Garibaldi su questo suolo repubblicano. Il sig. Righetti, presidente della società dei carabinieri di Locarno gli presentava l'atto d'averlo acclamato fratello e socio onorario; il sig. Rusca, presidente della società operaja, la credenziale d'essere stato accolto nel novero dei socii onorarii.
Non è nella possibilità nostra il qui dettagliare il numero delle popolazioni accorsevi per osservare o per baciare il lembo delle sue vesti, quasi a novello Messia; diremo che fra i ripetuti applausi di Viva Garibaldi e fra melodiose note venne condotto quasi in trionfo all'Albergo della Corona, di là alla loggia sulla Gran Piazza sporgente dove il Sindaco di Locarno lo salutò a nome della città e delle Società patriottiche. Garibaldi, commosso di tanta emozione rispondeva parole assennate, che per amore di brevità amiamo non riferirle. Solo rimarcheremo che in diverse parti, alla chiusa specialmente, il suo detto fu entusiasticamente proclamato.
Garibaldi e suo seguito accettava l'invito presentato dal sig. Sindaco d'un pranzo, e scendendo nell'ampio cortile dell'Albergo, vi sedeva in distinto ed elevato posto d'una tavola circondata di ben 400 commensali; nel quale sociale banchetto si rimarcarono il fiore del gentile sesso di Locarno. L'eroe di Marsala avea alla dritta il Presidente del potere esecutivo cantonale, alla sinistra il sig. Sindaco di Locarno.
Vorrebbe il nostro compito che vi riferissimo i molti brindisi portati a Garibaldi, alla libertà, all'emancipazione curiale; ma circoscritti a brevi colonne, non riporteremo che il discorso di Garibaldi, compunto pel dono d'una bellissima carabina presentatagli dal Presidente della Società dell'Elvezia:

Io accetto con gratitudine questa carabina, e giuro avanti questo popolo repubblicano, che essa non servirà che a redimere schiavi. I sentimenti, che qui sono stati espressi, mi hanno tanto commosso, che io non ho mai sentito pari commozione.
Ho la fortuna di avere servito varie repubbliche; ma non ho mai veduto lo sviluppo dello spirito repubblicano e sociale così maschio come tra il popolo Svizzero. Qui i principij repubblicani si sentono, e si sanno fortemente e liberamente esprimere.
Io accetto la carabina, ed il generoso voto che l'accompagna, e li accetto non in nome mio; ma in nome di tutti gli oppressi.
Niuno merita meglio di essere alla testa dell'emancipazione de' popoli, che il popolo Svizzero, il quale riassume in sé le tre grandi razze che dominano l'Europa. Esso è forte per le sue istituzioni, e le sue armi, e specialmente per il coraggio indomito de' suoi cittadini. Ma è forte per un'altra causa, che forse non comprende tutta. Esso ha l'anima del mondo intiero. Io ho detto poc'anzi, e lo ripeto: i tiranni s'intendono; bisogna che i popoli pure s'intendano. Che importa che qua ci divida un fiume, e là un monte? E non siam forse tutti fratelli?
Quando tutti i popoli si saranno intesi, io ve l'assicuro, cadranno tutti i tiranni e tutte le tirannidi. Alla Svizzera appartiene questa nobile iniziativa, che in breve tempo potrebbe compiere. Pochi mesi bastano a grandi cose; tre mesi basterebbero a liberare l'Europa.

Garibaldi mostrò desiderio di vedere il luogo del tiro alla carabina e il salone del potere legislativo. Fu condotto, ma sarà più preciso, fu portato da quell'affollata popolazione. Di ritorno, Garibaldi accettò diversi inviti da gentili signore locarnesi; ma non poté recarsi che alla villa Pedroni sulla deliziosa passeggiata che conduce a Bellinzona. La notte accettava di passarla nel palazzo del sig. avvocato Modesto Rusca, ove la musica ed il popolo si recava ad augurare il buon riposo».

Il Lago Maggiore, 14 giugno 1862

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