27 - 28 maggio 1859. La difesa di Cannobio

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L’11 maggio 1859 le autorità navali austriache intimarono alla comunità di Cannobio di consegnare entro quarantotto ore una ingente quantità di legname lavorato. Non avendo altra scelta il Consiglio comunale, guidato dal sindaco Giovanni Battista Bongiovanni, reperì nel vicino Cantone Ticino quanto ordinato e lo fece giungere nel porto di Laveno entro il tempo stabilito. Per scongiurare di dover sottostare ad altre requisizioni forzose la comunità cannobiese decise di formare un comitato di difesa del borgo.
Verso le nove della mattina del 27 maggio 1859, in direzione di Laveno, si videro apparire le sagome di tre battelli austriaci: il  Radetzky, il Taxis e il Benedek. Mentre il tamburo dava l’allarme dell’imminente pericolo, le campane a stormo della collegiata di San Vittore invitarono la popolazione ad abbandonare le case e a rifugiarsi nelle campagne. Nel frattempo in riva al lago si radunarono tutti gli uomini validi al combattimento: i militi della Guardia Nazionale agli ordini del capitano Paolo Zaccheo, i  Preposti delle Regie Dogane guidati dal tenente Giuseppe Cassina e qualche carabiniere di stanza nel borgo.
Intanto i piroscafi armati si avvicinavano a Cannobio; giunti di fronte all’abitato innalzarono bandiera bianca quasi a voler parlamentare, ma poi, appena furono alla giusta distanza di tiro, aprirono il fuoco sulle case causando danni ma nessun morto.
Bazzano con il suo cannoneDopo un primo momento di sbandamento i difensori reagirono con un fitto fuoco di fucileria che servì a fermare un tentativo di sbarco dei militi austriaci. Ma con i soli fucili si poteva fare ben poco contro la soverchia potenza di fuoco dei piroscafi. I Cannobiesi decisero allora di utilizzare un vecchio cannone da 16 che a forza di braccia fu posizionato in località Punta Amore. Al doganiere Luigi Bazzano, da poco congedato dall’Artiglieria, fu affidato l’arduo compito di manovrarlo insieme a otto improvvisati aiutanti: due doganieri, uno svizzero e cinque contadini.
Alle ore dieci il Radetzky fermo a 100 metri di distanza dal paese calò in acqua una scialuppa per iniziare lo sbarco; proprio in quel momento il capitano Bazzano fece partire un primo colpo di cannone che passò rasente la prora del piroscafo. A seguire furono sparati altri quattro colpi, nonostante «un servente imbecille e indisciplinato» avesse incastrato uno straccio nella canna del cannone rallentando di molto le operazioni di ricarica del pezzo. I piroscafi austriaci sconcertati dall’inattesa resistenza presero il largo.
Fu soltanto un ripiegamento tattico; dopo poco tempo i battelli ritornarono in posizione e iniziarono a sparare verso le barricate costruite lungo la riva. Il doganiere Bazzano, rimasto solo, poiché i commilitoni terrorizzati erano fuggiti per mettersi al riparo dalle cannonate, con grande meticolosità caricava, puntava e sparava contro i piroscafi; in ultimo fu aiutato dal volontario ticinese Ielmoli e da Vittore Zaccheo, milite della Guardia Nazionale.
Lo scontro durò due ore, poi i piroscafi, tra i fumi delle granate esplose, fecero rotta verso Laveno. Fu solamente una tregua, tutti sapevano che gli Austriaci sarebbero tornati in forze.
Infatti l’indomani mattina i tre piroscafi puntarono su Cannobio e alle cinque si presentarono nuovamente in faccia al borgo. Il Radetzky e il Taxis si avvicinarono alla riva, mentre il Benedek rimase a distanza, pronto a intervenire in caso di bisogno. Ancora una volta il capitano Bazzano diede prova della sua abilità al tiro colpendo a mitraglia il Ticino «in coperta a poppa». Il coraggioso doganiere fece tutto da solo, abbandonato nuovamente dagli aiutanti terrorizzati. A ogni sparo il cannone rinculava di 20 centimetri ed era sempre più difficoltoso per Bazzano ormai allo stremo delle forze rimetterlo in posizione. Al diciassettesimo colpo - quello che creò qualche danno al battello nemico - il cannone rinculò ulteriormente e precipitò nel sottostante fosso, rompendosi. Gli Austriaci vedendo ormai fuori uso la batteria si ritirarono con tutti e tre i battelli a Laveno e non fecero più ritorno a Cannobio.

 

Per approfondire
Gerardo Severino, La “Difesa di Cannobio” e il ruolo del finanziere Luigi Bazzano. 27-28 maggio 1859, in «Verbanus» 30-2009, pp. 371-382.
Ettore Brissa, Il legno e il piombo. Le giornate 27-28 maggio 1859 nella documentazione storica dello Stato maggiore austriaco, in «Verbanus» 30-2009, pp. 383-398.